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L' asse speciale con le «spie» dei servizi segreti

Mercoledì, 15 settembre 2010 • Categoria: Servizi Segreti

Una volta Cossiga ha dichiarato: «Come a qualcuno piacciono i fiori, a me piacciono le spie». Spie non nel senso volgare, di delatori, ma spie come agenti dell' arcana imperii, dei segreti del potere, o meglio ancora - spiega Pasquale Chessa, suo confidente ed amico oltre che autore di alcuni libri con l' ex Presidente - «del segreto di Stato». Sì, certamente c' era in lui anche l' aspetto ludico e romanzesco per i servizi segreti, l' amore per l' aneddotica, per la tecnologia (dai telefonini alle email criptate), ma ricorda Chessa, per Cossiga i servizi segreti erano una vera e propria «funzione dello Stato, una funzione della politica, non in quanto scaturigine di ricatti e di dossier (o almeno non solo questo), ma in quanto il monopolio della notizia segreta deve essere dello Stato». Eppure Cossiga, almeno ad un certo punto della sua carriera, quando divenne «il Picconatore», cominciò a divulgare segreti a raffica. Non è una contraddizione? «No», ricorda Chessa che una volta gli fece notare che parlava troppo, anche per essere un sardo. «Lui mi rispose: vedi, i sardi si dividono in due grandi categorie: i sardo-muti e i falso loquaci. Io sono del secondo tipo: i falso loquaci parlano tanto ma dicono solo quello che vogliono. Parlava di quei segreti che ormai potevano essere "derubricati"», perché non servivano più. Era un teorico della deperibilità del segreto di Stato».

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